NODO 1
Il ruolo
della tecnologia
Dall’automazione diffusa all’incidenza sulle dinamiche lavorative
Dall’automazione diffusa all’incidenza sulle dinamiche lavorative
e introduzione di tecnologie automatizzate
La recente crisi mondiale ha messo in luce un aspetto fondamentale: la debolezza dell’essere umano in relazione alla crescente richiesta di beni. Volessimo guardare il problema da un punto di vista puramente strumentale, potremmo spiegare la cosa con il fatto che ancora troppe aziende e filiere si servono di operai umani per rendere possibile la produzione. Provocazioni a parte, è comunque chiaro che, indipendentemente dal settore, in molti casi la presenza fisica di lavoratori è determinante per condurre in porto la creazione dei beni di consumo.
Il mondo post Covid 19 vorrà trovare una soluzione a questa, chiamiamola “disfunzione produttiva”. E lo farà creando un sistema capace di resistere ad avvenimenti di questo genere senza dover sperimentare un nuovo lockdown industriale.
Si allargherà quindi la portata del cosiddetto processo di robotizzazione industriale.
Partendo dal semplice assunto che le macchine non si ammalano, come non chiedono malattia o ferie, si arriverà presto alla conclusione che occorre un ripensamento radicale delle industrie del sistema produttivo.
Un’estesa robotizzazione delle funzioni, insieme ad un riassetto globale del macro-organismo “fabbrica” (concetto che già in molti stanno applicando per costruire le unità produttive del futuro) sarà la probabile soluzione adottata. Le macchine possono essere progettate per sostituire gran parte dell’intervento manuale e ridurre così significativamente la forza lavoro necessaria, limitandola ad interventi strategici di installazione, manutenzione e gestione dei macchinari medesimi.
Il futuro che ci attende vedrà quindi uno sviluppo significativo delle tecnologie robotiche ed una proporzionale riduzione della presenza di lavoratori umani. L’impatto economico della pandemia ha acuito questo sentimento ed ha mostrato in modo chiaro quali strategie occorrerà adottare.
Il “fattore distanza”, in questo caso, sarà utilizzato in modo inclemente dalle aziende per giustificare smantellamenti progressivi della forza lavoro. Un esponenziale investimento sulla cosiddetta intelligenza artificiale e sul machine learning permetterà di creare strutture integrate che avranno sempre meno bisogno di esseri umani per valutare nel merito le scelte produttive.
Una casistica crescente, monitorata nel tempo e sottoposta ad algoritmi di valutazione stocastica, permetterà di prevedere scelte convenienti su modelli prospettici così da rendere non solo la produzione ma anche la vita dei (pochi) lavoratori impiegati sempre più sicura e – almeno per come ci verrà raccontata dal punto di vista propagandistico – desiderabile.
Sperimenteremo quindi una progressiva perdita di centralità degli impieghi industriali fino ad arrivare ad una definitiva disgregazione del lavoratore come figura sociale e politica, capace quindi di un’azione programmatica organizzata. A questo seguirà una conseguente marginalità del ruolo dei sindacati e un’atomizzazione della coscienza sociale del lavoratore medesimo.
Seguendo questo ideale sistemico, si dovranno riprogettare tutte le filiere produttive in modo da renderle perfettamente integrate.
La robotizzazione industriale avanzata sarà infatti una conditio sine qua non per accedere alle grandi forniture.
Salvo alcune categorie produttive, in cui il lavoro artigianale potrebbe avere ancora un valore aggiunto, il processo di aggiornamento delle fabbriche tenderà in breve tempo verso questo passaggio epocale.
Nella recente crisi mondiale si è sperimentata infatti la permeabilità della filiera produttiva. Si è appurato che se anche solo un maglia della catena di creazione dei beni viene bloccata, tutto il processo finisce per subire un arresto. Come è accaduto di recente, e ancora accade, molte aziende sono state costretti a fermarsi non solo per la tutela dei lavoratori ma anche e soprattutto per la mancanza di forniture di prodotti semilavorati.
Questo cambiamento di prospettiva renderà palesi due evidenze. Per prima cosa, assisteremo ad un processo di investimento mai visto verso lo studio e lo sviluppo di macchinari robotici sempre più sofisticati. Per seconda, gran parte della manodopera specializzata cercherà di spostarsi verso settori a prevalenza artigianale, gli unici capaci di garantire continuità nell’impiego e investimenti sulla qualità.
L’organizzazione di nuovi sistemi di lavoro passa attraverso la robotizzazione delle fliere produttive. Tutelare i lavoratori, il loro ricollocamento, sarà una delle sfide principali per le comunità. Il settore privato, che da questo processo di automazione riscuoterà i dividendi, dovrà essere chiamato a partecipare alle spese sociali, contribuendo a ricostruire un sistema di produzione che la mera automazione rischia di disintegrare.
Progetto collettivo di analisi socio-politica sul Covid 19. Scenari post Coronavirus: opportunità e vicoli ciechi. Cosa possiamo imparare dall’epidemia di Covid 19. Tutto il materiale contenuto nel sito è riservato e non può essere riprodotto senza l’esplicito consenso degli autori.
Testi aggiornati il 4 maggio 2020.
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I robot sono il futuro di ogni settore e una pandemia ne è la prova. Sono molto entusiasta della missione di Slopehelper. “Nessuna agricoltura manuale”. Pensiero moderno
Che siano utili è indubbio, caro Bill. Che pongano problemi seri sull’occupazione delle persone e sulla polarizzazione dei redditi è altrettanto vero.
Per un vero progresso serve che le parti in causa lavorino congiuntamente e riconoscano i bisogni e le necessità.
La sua azienda, per dire, sta promuovendo un sistema di redistribuzione per sostenere i lavoratori del settore agricolo che resteranno senza lavoro?