Lo stato
del vaccino
Tempistiche ed incognite
Tempistiche ed incognite
Per quanto le istituzioni abbiano la necessità di propagandare un ritorno alla normalità subitaneo e tranquillizzante, la realtà del post Covid 19 potrebbe non essere affatto semplice. Un vaccino non sarà pronto prima di un anno (nella prospettiva più ottimistica, e questo implica almeno un altro inverno in presenza del virus) e quand’anche fosse efficace, testato clinicamente e privo di effetti collaterali, esisterà comunque una parte della popolazione che non accetterà di farselo inoculare. Che costoro facciano bene o male non è dato ancora sapere. Ma concetti quali immunità e sicurezza, elementi necessari per un ritorno completo ad una progressiva normalità, sono e saranno per lungo tempo del tutto fluidi, quindi ancora in via di definizione. Al momento in cui scriviamo (marzo 2020) la situazione sembra questa.
Non esiste alcuna forma di rilevazione immediata e sicura dell’immunità e non esiste alcun sistema validato scientificamente per provare di essere positivi o meno sul lungo periodo.
I tamponi – sistemi di campionamento oro-faringei della malattia, tecnicamente PCR Real Time – certificano la presenza “in questo istante” del virus. Non sono minimamente in grado di definire nel dettaglio se il virus:
Un tampone negativo, quindi, non garantisce dalla possibilità di sviluppare in futuro altri focolai di epidemia, perché fotografa solo il momento presente e l’attuale condizione del singolo paziente. Si può certificare quindi che il paziente stia bene adesso, non come starà nelle prossime giornate o settimane. Sempre che non vi siano falsi positivi nelle valutazioni: un’ipotesi tutt’altro che remota, a quanto pare.
Nella stessa maniera, sembra che gli esami sierologici possano rilevare nel sangue gli anticorpi relativi alla famiglia di virus Corona (che sono molti, con caratteristiche differenti e spaziano dalla normale influenza alla SARS) senza poter appurare con assoluta precisione se quegli anticorpi rappresentano la risposta immunitaria proprio al Covid 19.
Questo significherebbe che una persona che ha contratto una normale influenza da virus Corona – quindi con un decorso decisamente più blando – potrebbe presentare alcuni anticorpi relativi a quella famiglia, risultando quindi “immune” allo sguardo del test. Al contrario, nella realtà, potrebbe essere ancora del tutto indifeso di fronte al Covid 19 e alle conseguenze del contagio. Come se non bastasse, anche in questo caso ci sono molte occasioni in cui i test sierologici possono sviluppare falsi positivi.
Al momento, incrociando le caratteristiche di entrambi test, gli unici sistemi per “certificare” (diciamo così) l’avvenuta immunità al Covid 19 sono quelli di:
Non bastasse questo: resta infatti anche l’incognita delle recidive. Non è ancora chiaro se un paziente già ammalato possa di nuovo sviluppare la malattia per mutazioni del virus oppure per una nuova esposizione ad agenti contaminanti. Come per la normale influenza, di cui ci sia ammala più volte sia in anni diversi che nello stesso anno, non è escluso che possano verificarsi recidive a breve o lunga distanza. Lo scenario che ipotizza nuove capacità di contagio, nel caso di mutazione del virus, è ancora in fase di dibattimento e lo sarà, temiamo, a lungo.
Le grandi corporation farmaceutiche stanno portando avanti una serrata ricerca per brevettare un sistema che permetta di rilevare in modo preciso ed affidabile gli anticorpi relativi a Covid 19.
Un sistema veloce (oggi servono molte ore o diversi giorni per avere il risultato di un tampone), che sia validato scientificamente (e questo è il vero elemento dirimente), che sia sicuro 100%, al momento semplicemente non esiste.
A noi non interessa discutere di questo problema dal punto di vista puramente medico o immunologico. Ma ci serve riflettere sulle conseguenze di questo scenario. Anche se già questo elemento sarebbe sufficiente per decretare l’impossibilità di tornare ad una forma di normalità sociale nel breve periodo. Una normalità, insomma, paragonabile a quella sperimentata solo qualche mese fa.
Lo scenario, come abbiamo già detto, sembra più fluido e di difficile interpretazione. La prospettiva sembra quella di avere intorno a maggio/giugno 2020 un primo, sostanziale allentamento delle restrizioni. A seguire, un periodo di lunghezza variabile (stimato in 2-4 mesi) dove si cercherà di ristabilire un ordine relativo e monetizzare gli ovvi introiti derivanti dal turismo nel periodo estivo, per quanto possibile. Da agosto/settembre vedremo crescere una nuova, potente curva di contagi: allora occorrerà ripensare ad un nuovo lockdown, forse limitato nel tempo e ottimizzato nelle strategie, anche sulla scia degli errori precedentemente fatti.
Lo scopo sarà quello di evitare una cronicizzazione della reclusione come abitudine di vita e un ritorno calibrato al lavoro e a scuola. Permettere di acquistare una nuova, tranquillizzante, routine, la cui mancanza (insieme alla chiusura in spazi coperti, al di fuori della natura) ha prodotto effetti psico-emotivi ancora di difficile calibrazione.
E soprattutto, le nuove misure avranno lo scopo di limitare il pericolo che nuovi focolai scoppino in inverno. Quando le basse temperature, la predisposizione a riunirsi in luoghi chiusi e la necessità di garantire continuità alla macchina economica spingerà gli Stati a rallentare per non fermarsi del tutto, ancora una volta.
Progetto collettivo di analisi socio-politica sul Covid 19. Scenari post Coronavirus: opportunità e vicoli ciechi. Cosa possiamo imparare dall’epidemia di Covid 19. Tutto il materiale contenuto nel sito è riservato e non può essere riprodotto senza l’esplicito consenso degli autori.
Testi aggiornati il 4 maggio 2020.
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