NODO 3
Nuove dinamichedi consumo
dalla tutela del suolo fino alla revisione del concetto di globalizzazione
dalla tutela del suolo fino alla revisione del concetto di globalizzazione
e provvedimenti per tutelare gli ecosistemi sensibili
Pandemia di Covid 19 e consumo di suolo sono correlati? Certo che lo sono, anche se ad una prima lettura potrebbe sembrare un accostamento solo teorico. Non lo è.
Per quanto la nascita e la diffusione del Covid 19 facciano entrambe parte di un processo multifattoriale che andrà meglio indagato in futuro, la teoria più plausibile riguarda un episodio di zoonosi, quindi il passaggio del virus – attraverso alcune mutazioni – da un animale verso l’uomo. Lo ipotizzano gli scienziati perché un processo simile ha riguardato la nascita di altri virus pericolosi per l’uomo come Hiv, Ebola, l’influenza aviaria di qualche anno fa e, in passato, molte altre patologie.
Da che mondo è mondo, la coabitazione tra specie animali ed esseri umani ha sempre prodotto episodi zoonotici. Dal contatto con i bovini è nato il vaiolo, come la rosolia e la parotite. Nel caso del Covid 19, sembra accreditata l’ipotesi che l’animale sorgente sia un certo tipo di pipistrello asiatico e che il virus abbia migrato verso l’uomo attraverso alcuni altri animali (pangolini, suini ecc.). La domanda che ci interessa, però, è un’altra.
Come sono entrati in contatto uomo e pipistrello, visto che il primo risiede prevalentemente in aree antropizzate mentre i secondi nelle sperdute profondità di alcune foreste tropicali? La chiave della risposta sta nel concetto di deforestazione e di depredamento del suolo.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un progressivo deforestamento delle aree selvagge, in modo sempre più marcato. La richiesta di nuovo territorio – da adibire a coltivazione o allevamento, soprattutto – si è fatta via via più insistente e gli uomini hanno deforestato aree sempre più vaste del pianeta, costringendo la popolazione di animali che vivono in quelle aree ad ammassarsi, migrare, modificare le proprie abitudini di vita ed i loro stili alimentari.
Quando gli spazi sono ridotti – guardiamo alle nostre città per fare un esempio – è più facile che accadano episodi di promiscuità: nel contesto di questa forzata convivenza tra specie diverse, è possibile che si sia verificato uno spillover, ovvero un salto di specie.
Quello che oggi vediamo solo come un problema sanitario è invece un gioco statistico. Maggiore è la coabitazione tra specie, più facilmente si verificano spillover. E quando un virus, che proviene da un animale con un sistema immunitario adatto a contenerlo, migra verso un altro essere vivente, nella maggior parte dei casi si verificano contaminazioni pericolose ed epidemiche.
Conosciamo tutti la storia del wet market di Wuhan, la possibile origine geografica del virus. Nonostante questo, ignoriamo che in quel mercato convivevano – vive – specie animali selvatiche e domestiche, tutte destinate alla macellazione.
Questo mercato rappresenta in qualche modo il punto finale di un processo di coabitazione forzata di specie che può produrre esiti misteriosi e drammatici.
Per non parlare delle aree riservate all’allevamento degli animali. Le più frequenti destinazioni delle zone deforestate sono l’allevamento e la produzione di foraggio per gli animali. Il processo di trasformazione delle foreste in terreni agricoli è un passaggio fondamentale, che riguarderà anche il secondo tassello di quest analisi: il consumo di carne. Infatti è la richiesta sempre maggiore di carne e derivati a imporre la riconversione delle foreste in terreni adatti al bestiame macellabile.
Ma il consumo di suolo ha un altra motivazione fondamentale: la richiesta di risorse naturali. Che sia legno pregiato, metalli estratti nel sottosuolo, minerali o altro, la deforestazione è un processo a buon mercato per soddisfare le esose richieste di un’umanità sempre più sorda e incapace di percepire le conseguenze del proprio operato.
Il Coltan, minerale estratto nell’Africa sub-sahariana, è il tipico esempio di questo processo di sfruttamento indiscriminato che produce inquinamento, guerre civili e alimenta il crimine organizzato. Il disinteresse, ed anzi l’atteggiamento predatorio, dell’Occidente verso il mondo naturale trova in questa pandemia solo l’ultima sua rivelazione.
Parlando di cause e responsabilità verso la nascita del Covid 19, la nostra prima, naturale risposta consiste nel puntare il dito verso l’epicentro del contagio: ovvero la Cina. Ma è sufficiente un po’ di onestà intellettuale per comprendere che la Cina è solo parte del problema, non ne è certo la causa.
La Cina, come tutte le nazioni mondiali del resto, dimostrano poca o nessuna attenzione al problema della violazione sistematica della natura e dei suoi equilibri. Ma per chi produce beni la Cina? Chi sono i “clienti” dei suoi prodotti? Non serve rispondere.
L’incapacità dell’Occidente di ritenersi responsabile degli avvenimenti che ha contribuito a provocare, insieme alla tenace volontà del deep state di oscurare qualsiasi collegamento tra consumo e pandemia, sembra aver assolto noi tutti anche dal dovere di approfondire e comprendere. Eppure è così: questa pandemia trova nel cosiddetto “human factor” la sua causa principale. E, nella fattispecie, dipende direttamente dal consumo di suolo e di carne.
L’attitudine estrattiva e dilapidatoria del sistema di sfruttamento odierno però non può contemplare la moderazione. Finché qualcosa esiste, recita il mantra dell’industria del nuovo millennio, è nostro diritto usarla, modificarla, privatizzarla e distribuirla seguendo le regole che il mercato (ovvero noi stessi) abbiamo determinato.
Questo assunto non è vero, ed anzi si tratta di una palese invenzione creata ad uso e consumo di un certo business.
Questa epidemia inoltre ci ha costretti a mettere al centro del discorso pubblico una riflessione sul concetto di riproduzione delle risorse. Il suolo, ed il suo consumo indiscriminato, impone di ragionare sul fatto che non è sufficiente ridurre le zone deforestate, gli spazi sottratti alla natura e l’impatto umano.
Al contrario, è necessario un piano per ripopolare le foreste, farle espanderle, incrementare il numero di alberi e luoghi fisici dove le specie selvatiche possono prosperare liberamente.
Le possibili soluzioni per questa situazione sono molte e le approfondiremo anche nel prossimo capitolo. Ma passano certamente per la creazione di leggi ferree, nazionali ma soprattutto internazionali, per la conservazione dei territori vergini da mantenere incontaminati e lontani dall’influenza umana.
Ma soprattutto la redazione di una moratoria straordinaria per il controllo delle foreste mondiali.
Questi territori dovranno essere considerati al pari di spazi extra-nazionali ed extra-territoriali: una risorsa planetaria non colonizzabile e non occupabile. Le nazioni, sui cui territori queste foreste gravitano, dovranno essere risarcite proporzionalmente allo spazio ceduto (ad esempio con riduzioni del debito, incentivi o altri provvedimenti di natura economica) mentre un consorzio internazionale di paesi dovrà occuparsi del loro mantenimento.
Il gioco statistico tra invasione dei territori forestali ed episodi zoonotici costringe a pensare che le pandemie saranno sempre più frequenti se non si interviene radicalmente sulle cause della loro nascita.
Nell’ipotesi di un rischio crescente di spillover, la tutela del territorio e degli habitat selvaggi non rappresentano uno dei provvedimenti da affrontare ma IL provvedimento più urgente dell’Agenda del Futuro.
La creazione di un organismo di controllo delle foreste mondiali, la sospensione della sovranità dei singoli paesi in ambito territoriale e l’acquisto delle foreste da parte della comunità internazionale è la vera priorità imprescindibile
Progetto collettivo di analisi socio-politica sul Covid 19. Scenari post Coronavirus: opportunità e vicoli ciechi. Cosa possiamo imparare dall’epidemia di Covid 19. Tutto il materiale contenuto nel sito è riservato e non può essere riprodotto senza l’esplicito consenso degli autori.
Testi aggiornati il 4 maggio 2020.
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