NODO 2
Il ruolo
della tecnologia
Dall’automazione diffusa all’incidenza sulle dinamiche lavorative
Dall’automazione diffusa all’incidenza sulle dinamiche lavorative
cambio nel ruolo delle parti sociali e nuove tutele del lavoro privato
Ogni volta che accadono grandi sommovimenti culturali, lo sappiamo, il lavoro e la sua percezione mutano di conseguenza. Nei mesi e negli anni che seguiranno la pandemia, il tema del lavoro e dell’occupazione saranno protagonisti del dibattito pubblico generando una conseguente mutazione, si sarebbe detto “antropologica” e culturale, nelle persone che sperimenteranno le nuove regole e le nuove consuetudini.
In anni recenti, fintantoché la robotizzazione dei processi produttivi investiva settori dove il lavoro umano era ripetitivo oppure faticoso (con lavori in zone pericolose o in ambienti malsani, processi ad alta velocità, movimentazione di articoli pesanti, cernita tra numerosi prodotti simili ecc.), l’introduzione delle macchine nelle aziende è stata il più delle volte salutata come un’evoluzione sistemica e naturale del comparto produttivo.
In realtà, da sempre, la finalità ultima dei processi di automazione diffusa è sempre stata la medesima: ridurre i costi ed accorciare i tempi di realizzazione dei beni.
Tuttavia, oggi il mondo industriale è pronto a compiere uno salto epocale costruendo intere filiere automatizzate. Filiere dove la presenza umana coinvolta nelle fasi produttive sarà assente o del tutto marginale.
Questo avvenimento – come si è già accennato – comporterà una ridistribuzione dei ruoli, un ripensamento delle funzioni umane nell’ambito occupazionale ed una conseguente “riprogrammazione” delle architetture operative degli individui. Non soltanto: opererà una cernita potente tra le tipologie di lavoro, rendendo desuete molte figure professionali o addirittura cancellando interi settori.
I nuovi protocolli di distanza obbligatoria atomizzeranno le figure umane all’interno delle aziende, sostituendo o modulando l’apparato di relazioni grazie all’ausilio di piattaforme tecnologiche proprietarie o mutuate dai sistemi di comunicazione. La diffusione di informazioni lavorative avverrà sempre più tramite strumenti: non avendo più il vincolo della presenza fisica, l’assistenza e la consulenza interna alle imprese verranno ottimizzate e centralizzate, così da ridurre l’arbitrarietà delle scelte e incrementare la sinergia delle parti.
In questo scenario, dove diminuirà drasticamente il numero e la portata della presenza umana – che sia essa relative al mondo puramente industriale/produttivo oppure relativo ai servizi – si diluirà anche il concetto corporativo di lavoro e di lavoratore. Molte figure strategiche della contrattazione sociale non avranno più senso di esistere, mancando una vera e propria base di riferimento che possa essere oggetto della rappresentanza.
Su questa intrecciata rete di dinamiche complesse, si instaurerà una sorta di paradosso occupazionale. Se da un lato i lavoratori troveranno giovamento dall’automazione dei processi (e delegheranno alle macchine tutta una serie di occupazioni inutili, ripetitive, pericolose, usuranti ecc.), dall’altra sperimenteranno una vera e propria privazione sistemica della dignità umana.
Come sappiamo da tempo, il lavoro – che superficialmente potrebbe essere identificato con una semplice rete di mansioni da svolgere – in realtà rappresenta un veicolo di riconoscimento collettivo, di identificazione del proprio posto nel mondo e un vettore di inclusione sociale.
Eliminando o depotenziando il ruolo del lavoro nella vita degli individui, soprattutto in quelle fasce della popolazione meno preparate ad un cambio radicale e meno coinvolte nel processo di formazione e ricollocazione, si creeranno i presupposti per uno svuotamento sistemico delle vite individuali, con una conseguente difficoltà di riconoscimento di se stessi come individui e come parte di una comunità.
Più in generale, con l’avvento di questo deficit di partecipazione civile, immersi in un sistema valoriale che premia l’automazione (insieme ai suoi corollari: la velocità, la perfezione formale, l’uniformità, la sterilità ecc.), si produrrà una sorta di civiltà umana del tutto artificiale, iper-specializzata e servo-assistita.
Quindi nei fatti estremamente debole, potenzialmente sottomessa ed incapace di rivendicare una propria autonomia sostanziale attingendo ad un patrimonio di conoscenze e abilità sistemiche e utili alla propria sussistenza fisica e morale.
Tra tutte le professioni colpite, quelle maggiormente volatili, decontrattualizzate, autonome e/o illegali saranno l’epicentro di questo disagio. Qui spadroneggeranno atteggiamenti borderline e strategie vessatorie diffuse che alimenteranno episodi di ricatto, alienazione ed emarginazione sociale.
Di questo sottobosco d’illegalità si servirà anche la malavita organizzata per rinfoltire le proprie fila criminali.
Nel complesso delle professioni colpite da questo processo di “tecnologizzazione capillare” oppure che subiranno drammatici cambiamenti all’interno delle abitudini, vanno ricordati i lavoratori autonomi in genere, le persone destinate a protocolli di telelavoro e coloro che svolgono servizi assistenziali, alla persona oppure legati alla sfera del benessere.
Questi lavoratori, costretti a mediare tra forze opposte e laceranti, faranno i conti con nuovi regolamenti stringenti, pressioni performative e un’implacabile riduzione dei propri diritti acquisiti. Se non verranno prese misure atte a tutelare maggiormente queste occupazioni, magari anche a scapito degli occupati pubblici e delle loro posizioni acquisite, sperimenteremo un forte contraccolpo sociale che alimenterà drammatiche tensioni diffuse.
La tecnologia indurrà una forma di parcellizzazione umana ed un impoverimento sostanziale delle abilità fondamentali dell’uomo. Danni psicologici latenti emergeranno di fronte ad una dematerializzazione del lavoro se non si interverrà con un forte apparato di supporto e strategie educative rinnovate.
Progetto collettivo di analisi socio-politica sul Covid 19. Scenari post Coronavirus: opportunità e vicoli ciechi. Cosa possiamo imparare dall’epidemia di Covid 19. Tutto il materiale contenuto nel sito è riservato e non può essere riprodotto senza l’esplicito consenso degli autori.
Testi aggiornati il 4 maggio 2020.
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