NODO 4
Nuovepriorità pubbliche
Dalle diverse politiche sull’immigrazione alle nuove fonti di finanziamento
Dalle diverse politiche sull’immigrazione alle nuove fonti di finanziamento
nazionalizzato e a prevalenza pubblica
Nonostante il personale medico abbia dimostrato – durante il corso di tutta questa pandemia – una dedizione commovente e uno spirito di sacrificio davvero encomiabile, l’Italia ha assistito immobile alla situazione precaria della sanità pubblica dopo decenni di investimenti sbagliati e superficiali.
Archiviata la situazione di pesante inadeguatezza formale e il deficit strutturale che ha evidenziato questa pandemia, un ritorno a pesanti investimenti nel settore sanitario sembrano inevitabili. Viste le difficoltà di ciascuna regione di fare fronte alla richieste di posti letto (soprattutto in terapia intensiva) e DPI, la tendenza sarà quella di aumentare le risorse destinate alla sanità ben oltre le attuali percentuali.
Negli scorsi anni, molti Stati europei hanno avuto la capacità di mantenere un assetto strategico in ambito sanitario. Scegliendo di prepararsi a scenari come quello presente e non rinunciando alla capacità di contenimento delle situazioni emergenziali, hanno dimostrato una capacità programmatica ed una visione di lungo periodo.
L’Italia invece ha investito molto in sanità ma ha dilapidato gran parte dell’investimento privilegiando la sanità privata o spendendo male risorse disponibili. La mancata costruzione di centri di costo uniformati, insieme alla fondazione di industrie nazionalizzate capaci di fornire articoli sanitari e farmaci a prezzi concorrenziali, ha costituito un grande elemento negativo rispetto al problema dell’approvvigionamento dei materiali necessari.
Per l’immediato futuro, la sfida per ciascuno Stato sarà quella di realizzare un incremento significativo nel bilancio della sanità pubblica, centralizzandola per quanto possibile e attuando nel contempo un crollo verticale degli investimenti verso la sanità privata. Quest’ultima rappresenta infatti un ente concorrenziale che – pur assistendo i malati in ambiti tradizionali – si è rivelata del tutto incapace di affrontare situazioni come questa, giocate più che altro nei reparti di primo soccorso e assistenza intensiva.
Esempio eclatante di questo cortocircuito pubblico/privato sono proprio le terapie intensive: poiché si tratta di reparti a bassa redditività, l’assetto sanitario privato ha scelto di non investire in questo settore, lasciando scoperto l’intero sistema nazionale che, con grande miopia, ha male impiegato le risorse e tagliato i piccoli ospedali, i presidi locali, i posti letto e le apparecchiature.
Non solo: se si includono nel concetto di “sanità privata” anche le strutture assistenziali per malati ed anziani, l’offerta privata ha rappresentato in tutta la sua plastica inadeguatezza addirittura un polo di diffusione della malattia. Un epicentro mal presidiato, alimentato da controlli scarsi ed inefficaci, non dotato degli adeguati sistemi di contenimento e protezione, poco orientato alla tutela della vita dei lavoratori, oltre che degli ospiti.
Se a questo uniamo le scellerate decisioni attuate dagli organismi politici regionali, di portare alcuni malati a scontare la quarantena nelle strutture residenziali per anziani, ci troviamo davanti ad un quadro perfetto di miseria strategica e incapacità politica.
La necessità di investire in sanità pubblica – vista la cronica mancanza di personale e infrastrutture, l’assenza di nuove assunzioni, il poco turnover – costringerà ad invertire la tendenza intrapresa negli ultimi anni. Questo cambio di rotta copernicano non comporterà per forza la sparizione della sanità privata come istituzione.
Al contrario, questa potrà continuare a prosperare senza però oneri da parte dallo Stato. Le casse statali, infatti, dovranno concentrarsi ad alimentare il sistema sanitario pubblico e renderlo competitivo a livello internazionale, pronto a sfide che ancora non è possibile prevedere.
Nello specifico caso dell’epidemia 2020, ecco alcuni provvedimenti (oltre a quelli già citati) che sarà utile implementare in tempi brevi per ridurre ancora di più l’incidenza del contagio:
Lo scopo di tutto questo è quello di creare una rete di screening approfondito e non abbandonare un eventuale contagiato all’interno delle famiglie, solo ed obbligato ad auto-valutarsi.
Si eliminerebbe il problema della diffusione domestica del virus e si renderebbero duraturi gli sforzi dell’isolamento. Si eviterebbe poi la situazione paradossale in cui un paziente potenzialmente infetto scelga di uscire di casa rischiando di contagiare altri pur di lavorare o garantire la sopravvivenza del nucleo famigliare.
Apparentemente queste misure possono sembrare costose: l’invito è quello di parametrare il costo di questa operazione al rischio di nuovi lockdown sistemici. Facilmente, si capirà che un progetto mirato di monitoraggio è molto più attuabile e conveniente di chiusure indiscriminate e blocchi completi del sistema economico.
Inoltre, così facendo si vitalizzerebbe l’economia nazionale producendo beni e occupazione per non parlare della costruzione di una rete di tutela permanente che sarà utile in futuro, nel caso di nuovi eventi pandemici oppure naturali come terremoti, alluvioni, eventi e catastrofi non prevedibili.
Tornando al nucleo del discorso e volendo poi allargare lo sguardo oltre i confini nazionali, è comunque evidente che in tutti gli Stati è apparsa la fondamentale centralità della sanità pubblica. Le richieste trasversali della popolazione saranno indirizzate a promuovere quindi una sorta di sanità nazionale garantita a tutti i cittadini, anche in quelle nazioni che hanno fatto della sanità privata un business rodato e una consuetudine difficilmente reversibile.
Non dimentichiamo infine le implicazioni politiche e strategiche di tutto questo. Nel progetto di un’umanità più preparata a eventi catastrofici di tipo pandemico, una forma standardizzata di tutela sanitaria costituirà – insieme al reddito universale – la base inderogabile di ogni paese democratico. Un apparato di garanzie minime che permetta al cittadino di essere tutelato indipendentemente dal reddito, dalla posizione sociale, dallo status contributivo.
Ultimo dato su cui occorre riflettere è quello relativo alla relazione tra una sanità pubblica efficiente e la creazione della fiducia politica internazionale. Con questa epidemia, la sanità pubblica si è infatti trasformata da una semplice serie di apparati necessari per garantire la salute ad un vero e proprio strumento di valutazione delle leadership.
Gestire e mantenere una sanità efficiente si è rivelato essere un problema di sicurezza nazionale, al pari del buon funzionamento delle strutture di difesa o della tenuta delle istituzioni democratiche.
Anche nella prospettiva di futuri attacchi terroristici che sfruttassero l’arma virale come veicolo di penetrazione o destabilizzazione, l’efficienza del sistema di sanità pubblico sarà il banco di prova su cui si misureranno i leader, la loro impronta politica e – molto probabilmente – il loro peso nelle sedi collegiali qualora occorresse votare su questioni inerenti la sicurezza e la gestione interna delle Nazioni.
Per lo Stato, l’aumento degli investimenti verso la sanità pubblica, con il progressivo disinvestimento verso quella privata, sarà la vera sfida da affrontare. A seguire, la costruzione di una rete nazionale permanente per la gestione delle emergenze anche non esclusivamente pandemiche.
Progetto collettivo di analisi socio-politica sul Covid 19. Scenari post Coronavirus: opportunità e vicoli ciechi. Cosa possiamo imparare dall’epidemia di Covid 19. Tutto il materiale contenuto nel sito è riservato e non può essere riprodotto senza l’esplicito consenso degli autori.
Testi aggiornati il 4 maggio 2020.
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